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Ora la storia va all’asta PDF Stampa E-mail
Scritto da Redazione   
domenica 18 maggio 2008

Carlo Baja Guarienti, Ora la storia va all’asta, in «Il Sole 24 Ore», 18 maggio 2008, p. 46.

 

 

Nel mercato universale di internet, si sa, è possibile vendere e acquistare pressoché qualsiasi cosa. Dall'isola polinesiana al mausoleo virtuale, dal metodo per assicu­rarsi vincite al lotto al corpo uma­no mummificato: tutto diviene oggetto di scambio nel mare sconfinato della rete, un mare in cui collezionisti dal fiuto infalli­bile o semplici curiosi possono soddisfare i desideri più bizzarri.

Quello che non tutti sanno è che qui si può comprare anche la storia. Chiunque può, con una modica spesa, aggiudicarsi un pezzo di passato e disporne a suo piacimento: studiarlo nei minimi dettagli, custodirlo gelo­samente sottraendolo a sguardi indiscreti, persino distruggerlo per sempre. Forse nessuno riu­scirà a possedere una figura cen­trale nell'affresco della memo­ria storica, certamente nella maggior parte dei casi si tratte­rà di particolari prossimi al mar­gine o di volti confusi nella fol­la, ma ogni perdita sarà ugual­mente definitiva, irreparabile.

Sulle pagine italiane di eBay, leader mondiale delle aste online, ogni giorno transitano manoscritti pervenuti alla rete dalle provenienze più varie: per la maggior parte, verosimilmente, vengono da soffitte di case priva­te, magari da collezioni o archivi di famiglia ceduti in blocco da eredi poco sensibili alle memorie degli antenati, ma di molti non è facile capire l'origine. Capi­ta così che rilanciando un'offerta si possa entrare in possesso di at­ti notarili, documenti cancellere­schi, epistolari, memorie priva­te, codici miniati di ogni secolo e di ogni Paese: c'è chi vende a fo­gli singoli un salterio vergato a mano su pergamena nel Corno d'Africa e chi dispone di un ma­noscritto di opere di Torquato Tasso riconducibile alla fine del XVI secolo, chi mette all'asta i li­bri contabili di un'azienda agrico­la fiorentina del Settecento e chi, per accontentare un numero maggiore di acquirenti, ha smem­brato un antifonario italiano cinquecentesco. C'è anche chi pub­blicizza un diario inedito della campagna d'Etiopia riportando­ne la commovente dedica: «Ho scritto questo diario per mia fi­glia, perché possa capire quale vita ha fatto suo padre in guerra...». Tutti gli esempi appena citati, è bene sottolinearlo, non sono frut­to di anni di osservazioni siste­matiche: sono solamente alcune delle transazioni in atto in questi giorni, nel maggio 2008.

Ciò che stupisce maggiormen­te, tuttavia, non è la varietà del materiale, malo spirito che talvol­ta accompagna le vendite. Oltre alla suddivisione di opere organi­che in singole pagine «perfette per essere incorniciate» (mano­vra che vanta un'antica tradizio­ne di codici mutilati dei capilette-ra e delle illustrazioni, ma che già da sola rivela la natura di questo collezionismo), alcuni venditori sottolineano i molteplici usi cui si prestano le carte antiche: il già citato libro contabile settecente­sco contiene fogli bianchi o scrit­ti su una sola facciata, «utili al re­stauratore di libri antichi», e un lotto di manoscritti cinquecenteschi è presentato come utilizzabi­le «per riparazioni documenti, li­bri d'epoca, per creazioni di de­coupage». Sic et simpliciter.

Non si tratta di scherzi, que­ste frasi sono riportate fedel­mente dalle descrizioni di og­getti in vendita negli ultimi gior­ni. Documenti unici di cui non conosciamo altro che la data - per quanto ne sappiamo potrebbero essere copie di atti notarili come ipotetici diari segreti di Giordano Bruno - condannati non all'animazione sospesa di una collezione privata, ma all'ingloriosa mort par découpage.

Chiedere la fine del commer­cio di manoscritti fra privati sa­rebbe assurdo se non, in alcuni casi, dannoso: per questa via, in passato, si sono formate anche grandi collezioni poi aperte agli studiosi. Ma non è, forse, assur­do proporre che si avvii su que­sta tematica una riflessione con l'obiettivo di produrre un patrimonio minimo di regole condivi­se. La storia è fatta anche di parti­colari e spesso il dato seriale, apparentemente irrilevante, una volta inserito in una ricerca siste­matica e ricondotto al quadro complessivo può produrre cono­scenze insospettate: ogni tessera di un mosaico, anche se apparte­nente a uno sfondo monocromo, una volta distrutta lascia un vuo­to che danneggia la visione d'in­sieme. Nessuno si augura che gli storici, per ricostruire il mosaico del passato, siano costretti un giorno a studiare fioriere e paralumi decorati a découpage.
Ultimo aggiornamento ( domenica 18 maggio 2008 )
 
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