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sabato 24 settembre 2011 |
Uno strano libro, questo Centosedici cinesi , circa di Thomas Heams-Ogus appena pubblicato dalle edizioni di Rosellina Archinto. L’ha scritto, con un linguaggio lieve, ricco di monologhi, in uno stile più astratto che realistico, un giovane biologo francese: racconta una vicenda sconosciuta o quasi della Seconda guerra mondiale, ma è anche una narrazione sulla condizione umana, sulla natura, sulla violenza. Se la storia, secondo la definizione di Marc Bloch è «scienza degli uomini nel tempo» questa piccola vicenda dei centosedici cinesi fatta rivivere dal giovane scrittore è certamente un contributo che serve a capire anche la grande storia. Allo scoppiare della guerra un gruppo di cinesi, in gran parte della provincia di Zhejiang, che vivevano in Italia, ambulanti, piccoli commercianti di tessuti, venditori di articoli di pelle, furono inviati al confino. La Cina era in guerra con il Giappone alleato dell’Italia e della Germania - il patto tripartito - e i cinesi, cittadini di uno Stato nemico, furono internati in Abruzzo, prima a Tossicia, poi a Isola del Gran Sasso d’Italia, a una trentina di chilometri da Teramo. Thomas Heams-Ogus, che ha scoperto l’odissea dei cinesi nella nota di un libro e se ne è appassionato, documenta come può i fatti, ha visto i luoghi, ha raccolto testimonianze, ma il suo non è un libro-inchiesta e neppure un romanzo. Gli interessa forse di più ricostruire i comportamenti dei singoli, gli umori del gruppo, gli stati d’animo di quella singolare comunità. A Tossicia, un paese al limitare della foresta alle pendici del Gran Sasso, i cinesi vivono in due edifici gelidi e malsani: «Tossicia - scrive l’autore del libro - era la porta attraverso cui entravano nell’ombra, il posto dove veniva lasciata ogni speranza, il punto esatto della resa». |
Ultimo aggiornamento ( martedì 04 ottobre 2011 )
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sabato 16 luglio 2011 |
«Agire come Bartleby lo scrivano. Preferire sempre di no», scriveva Ennio Flaiano in una nota intitolata «Filosofia del rifiuto». Rifiutarsi. Sottrarsi. Affrancarsi dalla tenaglia dei retori dell'impegno che occupano le opposte trincee pretendendo di triturare e inghiottire nelle loro poderose macchine del consenso ogni dubbio e ogni irregolarità di pensiero. Disertare le adunate dei professionisti dell'impegno declamato e di chi impone la cancellazione di sé per servire la loro Causa di cartapesta. Indignatevi? No, disertate. Disertateli. Fate come Flaiano, come Vitaliano Brancati, come Dino Buzzati, come Montale raccontati nel bel libro di Raffaele Liucci Spettatori di un naufragio. Gli intellettuali italiani nella Seconda guerra mondiale (Einaudi). Non date ascolto ai trombettieri della destra e della sinistra che vogliono imporre il loro lessico, le loro categorie, i loro tic verbali, i loro pregiudizi, i loro dogmi, le loro sciocchezze, le loro priorità e bollano come traditore chiunque non si adegui a un bipolarismo culturale disperante e primitivo. Si può fare. Si può disertare una guerra ridicola tra opposti fanfaroni citando ancora Flaiano: «Si battono per l'Idea, non avendone». |
Ultimo aggiornamento ( mercoledì 20 luglio 2011 )
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venerdì 01 luglio 2011 |
Esiste un passato che in Toscana si vuole dimenticare, o almeno tacere. Che Firenze e Livorno fossero due importanti focolari del partito fascista e che due tra i più importanti gerarchi fossero toscani (Galeazzo Ciano livornese, Alessandro Pavolini fiorentino) sono certezze. Che molti fascisti, in tempo di pace, passarono ad un colore politico più rosso è un sospetto. Comunque sia, del movimento fascista in Toscana si parla sempre con difficoltà. E se accade, avviene nei libri. È dello scorso anno “Accanto alla tigre” di Lorenzo Pavolini, in corsa per lo Strega ma senza successo. Ben più recente, invece, è il romanzo storico di Giacomo Sartori: “Cielo Nero”, pubblicato da Gaffi Editore. Nelle pagine di Sartori gli ultimi giorni di Galeazzo Ciano, incarcerato agli Scalzi di Verona in attesa di processo. |
Ultimo aggiornamento ( giovedì 14 luglio 2011 )
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domenica 19 giugno 2011 |
Nel nostro Paese non se ne parla da tempo, ma la commissione storica italo-tedesca sulla Seconda guerra mondiale, istituita nel marzo 2009, ha lavorato sodo. E ha presentato i risultati raggiunti oggi a Milano, in un incontro pubblico presso l’Ispi, in via Clerici 5, il 6 aprile 2011. La commissione è stata istituita dai governi di Roma e Berlino per dare un «contributo alla costruzione di una comune cultura della memoria», in seguito al contenzioso sollevato da parenti di vittime di stragi naziste e da militari italiani internati nel Terzo Reich (gli Imi). La vicenda ha fatto discutere, per l’accavallarsi tra esigenze politiche e lavoro degli studiosi. Mostra perplessità sul concetto di «memoria comune» lo stesso Paolo Pezzino, storico dell’ateneo di Pisa e membro della commissione: «Secondo me bisogna parlare piuttosto del riconoscimento dei rispettivi punti di vista nel quadro di una storia complessa, fatta di relazioni non solo conflittuali tra Italia e Germania nel periodo 1940-45. Nel documento finale, da presentare nel marzo 2012, vogliamo mettere in luce le differenti ragioni degli italiani e dei tedeschi, ma anche le interazioni tra gli uni e gli altri». |
Ultimo aggiornamento ( mercoledì 22 giugno 2011 )
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domenica 19 giugno 2011 |
Decisione meritoria, quella dell’editore Nottetempo di riproporre Cultura di destra di Furio Jesi. Morto trentanovenne nel 1980, Jesi fu un talento di studioso precocissimo, indagatore di temi riscoperti in anni successivi, i miti, la storia delle religioni, senza nutrire alcun timore reverenziale verso maestri della statura di Karol Kerényi o Mircea Eliade sui quali si produsse in giudizi critici severissimi. Tre inediti e un’intervista arricchiscono questa nuova edizione (a cura di Andrea Cavalletti) di un lavoro pionieristico che individua la principale caratteristica dell’ideologia di destra nelle macchine mitologiche che per costruire un’identità riducono il passato a una pappa indistinta. |
Ultimo aggiornamento ( giovedì 23 giugno 2011 )
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