Se la Repubblica di Salò si legge come un romanzo |
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Scritto da Redazione | |
lunedì 05 marzo 2012 | |
Non è mai soddisfatta la fame dei media e del pubblico per nuovi retroscena sulla caduta del Duce e, ancor più, sulle losche trame a ridosso della catastrofe finale. Tiene sempre viva l’attenzione di giornalisti e storici la domanda cui non si è mai data risposta convincente di quali motivazioni, strategie, piani si sostanziò la condotta dei gerarchi di Salò una volta posti di fronte al dramma del fallimento del loro progetto di reincarnare il fascismo delle origini. Si è molto parlato del cosiddetto «ridotto della Valtellina», ossia del progetto coltivato soprattutto da Pavolini di organizzare un’estrema difesa a ridosso delle Alpi lombarde in modo da lasciare ai posteri una gloriosa testimonianza di cosa erano stati capaci i «duri e puri» di Salò. Non minore interesse ha sempre destato un altro progetto, molto chiacchierato ma mai indagato a fondo, che avrebbe animato lo stato maggiore della Rsi in punto di morte: quel ponte che, da parte in particolare di Mussolini, si tentò di lanciare verso il postfascismo offrendo una disponibilità dei «neri» alla riconciliazione con i «rossi».
Molti, ricercatori o presunti testimoni, hanno sfornato rivelazioni sulle manovre, i conciliaboli, le trattative consumate dall’agonizzante fascismo repubblicano in quel torno di tempo. Stefano Fabei con I neri e i rossi. Tentativi di conciliazione tra fascisti e socialisti nella Repubblica di Mussolini (Mursia, pagg. 377, euro 22) ha cercato di fissare almeno un punto fermo sulla questione. È una matassa complicata e difficile da dipanare sia per la segretezza in cui si tennero i contatti sia per la ritrosia dei protagonisti a parlarne a guerra finita sia anche per la sovrapposizione di diversi, contrastanti propositi che coltivavano i morituri. C’erano, infatti i vari Pavolini, Mezzasoma, Farinacci che vivevano come un’abiura il possibile inciucio con gli odiati nemici. Sul fronte opposto si ponevano i realisti (come Pettinato, Pini, Gray) che si proponevano di giocare di rimessa offrendo ai vincitori una versione corretta in senso democratico e pluralista del fascismo, pur di non scomparire e, personalmente, di salvare la pelle. --- Roberto Chiarini , Se la Repubblica di Salò si legge come un romanzo. Non è mai soddisfatta la fame dei media e del pubblico per nuovi retroscena sulla caduta del Duce e sulle losche trame a ridosso della catastrofe finale, in «Il Giornale», 25 febbraio 2012. |
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Ultimo aggiornamento ( mercoledì 14 marzo 2012 ) |
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