Sostenitori dello sterminio: italiani brava gente? |
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Scritto da Redazione | |
lunedì 16 febbraio 2015 | |
Ecco un libro urticante, soprattutto per i nostri connazionali ancora ben disposti a cullarsi nel «mito del bravo italiano». Ma per capire se un popolo è stato davvero più umano di altri, occorre certificarne il comportamento nei momenti decisivi della sua storia. Per far questo, Simon Levis Sullam focalizza la propria attenzione sul biennio 1943-45, crogiolo dell’Italia repubblicana. La sua analisi – tanto rigorosa quanto sobria, malgrado il tema dolorosissimo – s’articola lungo tre assi. Innanzitutto, il libro offre un diorama capillare delle complicità italiane nello sterminio degli ebrei, attingendo alle ricerche più aggiornate. Benché molti siano tuttora persuasi che il nostro Paese sia rimasto fuori dal cono d’ombra dell’Olocausto, Levis Sullam documenta al di là di ogni ragionevole dubbio il ruolo determinante ricoperto nel genocidio dagli apparati dello Stato: partito fascista, Guardia Nazionale Repubblicana (carabinieri inclusi), forze di polizia, questure, prefetture, Ispettorato generale per la razza. Senza il loro concorso, difficilmente l’«invasore» tedesco avrebbe potuto eliminare 8.869 ebrei residenti in Italia (6.746 dei quali deportati fuori dai nostri confini). In quest’infamante casellario non mancano neppure i vari «delatori» partoriti dalla società civile, e il clero, che talvolta sostenne e omaggiò i carnefici (con buona pace di quanti oggi strologano sull’«Occidente cristiano e giudaico», come se fosse un’endiadi storicamente fondata). Lo sguardo di Levis Sullam spazia lungo tutto lo Stivale. Dalla Svizzera «frontiera della speranza» (su cui erano appostate occhiute guardie di confine italiane) alla Firenze della famigerata Banda Carità, sino a Fossoli, il campo di transito verso Auschwitz gestito interamente da nostri connazionali. Ma l’autore torna spesso sulla sua città, Venezia, fra le «capitali» della Rsi. La sera del 5 dicembre ’43 l’ex Serenissima fu teatro di una delle maggiori «razzie» di ebrei da parte di militi «repubblichini», nelle stesse ore in cui un giovane e promettente pianista italiano, Arturo Benedetti Michelangeli, teneva un concerto alla Fenice (musiche di Scarlatti, Liszt, Brahms – Variazioni sopra un tema di Paganini –, Beethoven – Sonata op. 111 –, Rachmaninov e Weiss). di Raffaele Liucci, Il Sole 24 Ore, Domenica 25 gennaio 2015, p. 33. |
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Ultimo aggiornamento ( giovedì 07 gennaio 2016 ) |
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