Centro Studi Repubblica Sociale Italiana
De Sica, il finto film e gli ebrei salvati
Scritto da Redazione   
mercoledì 24 dicembre 2008

Alberto Melloni, La rivelazione nel libro scritto dal figlio. De Sica, il finto film e gli ebrei salvati. Organizzò le riprese della pellicola per proteggere uomini e donne braccati dai nazisti, in «Corriere della Sera», 18 novembre 2008, p. 49.

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Sembra una favola. Forse è una favola, La porta del cielo. Una storia incantata, incantevole con personaggi usciti direttamente e non metaforicamente dal cinema in bianco e nero. Un apologo triste, dove quelli per cui va a finir bene raccontano una storia a lieto fine ad interlocutori che non ci sono più, perché loro - nella macabra contabilità dei deportati - fanno parte di quei convogli che, dopo la razzia del 16 ottobre 1943, portarono da Roma ad Auschwitz gli ebrei del ghetto.

Chi la racconta, questa favola, non è una firma prevedibile. Perché a Christian De Sica si possono riconoscere tante cose, ma la qualifica di narratore autobiografico che si guadagna con Figlio di papà (Mondadori, pp. 270, 18) è davvero nuova. È in questo volume che il figlio di Vittorio De Sica evoca in un capitolo stupendamente dolceamaro la vicenda che attraversa su un filo di commedia l’abisso della Shoah romana e che ha al centro un film con quel titolo, La porta del cielo, che avrebbe dovuto illustrare i miracoli di Lourdes avendo come attrice principale la bellezza raffinata di Maria Mercader e come regista l’improbabile camerata Pratelli.

Ultimo aggiornamento ( domenica 25 gennaio 2009 )
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Una commissione italo-tedesca per studiare le stragi naziste
Scritto da Redazione   
mercoledì 24 dicembre 2008

Danilo Taino, L’annuncio. Dopo le tensioni sulla sentenza della Cassazione. Una commissione italo-tedesca per studiare le stragi naziste, in «Corriere della Sera», 19 novembre 2008, p.6.

 

 

 

Ieri, si è forse aperta una fase nuova dei rapporti tra Italia e Germania. Delicata ma promettente. Il governo Berlusconi e il governo Merkel hanno deciso di affrontare un tema che fa correre i brividi lungo la spina dorsale: istituiranno una commissione per studiare i rapporti tra nazisti e fascisti. Cioè, vogliono chiarire meglio una relazione tutto sommato poco analizzata: le responsabilità reciproche, tremende, durante la seconda guerra mondiale e soprattutto quello che successe dopo l’8 settembre, con la caduta del regime fascista e poi la formazione della Repubblica di Salò.

Tema forte sul piano storico ma soprattutto su quello politico. Nel giro di qualche settimana, infatti, Berlino presenterà ricorso presso il Tribunale internazionale di Giustizia dell’Aja contro la decisione della Corte di Cassazione italiana di ammettere la possibilità che i parenti delle vittime di crimini nazisti chiedano risarcimenti direttamente allo Stato tedesco. Il governo della Germania ritiene che il diritto internazionale garantisca l’immunità degli Stati su questo genere di controversie e non intende cedere su un punto di diritto che, diversamente, aprirebbe una serie di contenziosi in tutto il mondo. Questione diventata importante nelle relazioni tra Roma e Berlino e, pochi giorni fa, oggetto di una forte reazione del presidente Giorgio Napolitano a un articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung che accusava l’Italia di non avere mai chiuso i conti con il suo passato fascista.

Ultimo aggiornamento ( martedì 13 gennaio 2009 )
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Spagna, Garzón rinuncia a indagare sul franchismo
Scritto da Redazione   
mercoledì 24 dicembre 2008

Elisabetta Rosaspina, Desaparecidos. Mossa a sorpresa del giudice osteggiato dalla procura. Spagna, Garzón rinuncia a indagare sul franchismo, in «Corriere della Sera», 19 novembre 2008, p. 16.

 

 

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Le inchieste passano ora ai tribunali locali Non sarà più il giudice dell’Audiencia Nacional a occuparsi di quelli che considera crimini contro l’umanità.

 

C’è chi l’interpreta come un passo indietro e chi come un’astuta contromossa per evitare l’insabbiamento dell’inchiesta.

L’ultimo colpo di scena nella lunga partita tra il giudice Baltasar Garzón e la Procura per la riapertura delle fosse comuni e delle indagini sui 114 mila desaparecidos della guerra civile e dei primi dodici anni della dittatura franchista è la rinuncia di Garzón all’istruttoria. Non sarà più lui a indagare su quelli che considera siano stati crimini contro l’umanità e perciò esclusi dalla prescrizione e dall’amnistia, sancita per legge nel 1979, tre anni dopo la morte di Francisco Franco, per chiudere (o almeno sospendere) i conti con il passato. Il magistrato si ritira, prima che sia probabilmente la Sala Penale dell’Audiencia Nacional a escluderlo, su richiesta dell’ufficio del pubblico ministero. Ma in questo modo Garzón gioca d’anticipo, passando la palla ai venti tribunali locali e scongiurando l’archiviazione definitiva della questione. Il magistrato insomma frammenta il suo dossier tra gli uffici istruttori delle 20 province in cui sono state localizzate le fosse comuni, la Sala penale e il ministero di Giustizia, ai quali rinvia gli atti e notifica di aver già costituito una commissione di esperti per lo studio della procedura tecnica di riapertura delle fosse. La sua iniziativa è illustrata in 152 pagine di ordinanza che estingue, per morte del reo, la responsabilità di Franco e di altri 44 fra dirigenti della Falange e alti ufficiali dell’esercito nazionale. Dichiarando di voler evitare «sovrapposizioni nel lavoro di raccolta dati», Garzón ribadisce però che è dovere dello Stato «indagare adeguatamente i fatti» e procedere alle riesumazioni, senza aspettare le istanze delle famiglie, dei sepolti senza nome.

Ultimo aggiornamento ( lunedì 12 gennaio 2009 )
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