«Vi racconto il bombardamento del 13 luglio ’44»... |
Scritto da Redazione | |
domenica 19 luglio 2009 | |
«Vi racconto il bombardamento del 13 luglio ’44». Le sirene, il negozio di barbiere del padre raso al suolo, e il genitore salvo per caso. I ricordi di Annamaria, 78 anni, in «Giornale di Brescia», 14 luglio 1944, p. 9.
«Pronto, è il Giornale di Brescia?» Buongiorno signora, dica. «Nelle vostre lettere al direttore si parla del bombardamento del 13 luglio 1943, ma è un errore: era il 13 luglio 1944. Io lo so perché c’ero. Adesso vi racconto...». Da una svista nasce una storia. Già, perché Anna Maria si ricorda quel giorno di 65 anni fa come fosse ieri. E non puoi non starla a sentire. «Io abito al 15 di Tresanda San Nicola, sono nata qui, e ci abito tutt’ora. Sono del ’31. Mio padre aveva una bottega di barbiere all’angolo tra via della Mansione e corso Martiri». «Gli inglesi, la notte prima, avevano bombardato la Piccola velocità e Chiesanuova, perché era zona strategica. E noi eravamo nel rifugio dietro la chiesa di San Francesco, e si sentivano i rumori delle bombe in lontananza... Viene mattina. «C’era il capo fabbricato che si chiamava Franceschini, aveva tre figli e due studiavano da prete. Fu proprio con la moglie di quest’ultimo e con la terza figlia, Franca, che era mia carissima amica che io mi misi in salvo». Alle prime avvisaglie della nuova incursione aerea dopo quella notte che era stata di tregenda, la vicina si affretta a portare al sicuro la figlia e la stessa signora Anna Maria. «"Presto, andiamo" dice la signora Franceschini; io passo davanti al negozio di mio padre che stava lavorando e gli dico "Vado con la signora Cecilia" e ma lui non capisce, poi suona la sirena che era sopra la Casa di Dio, e la gente inizia a scappare».«Passa un triciclo e ci carica su, e con noi c’era anche don Agostino, che era in seminario ed era professore dei due ragazzi Franceschini, e dice: "Se riusciamo ad andare a Torbole c’è un ragazzo che ha la cascina"; intanto iniziano a cadere le bombe e le vedevamo brillanti nel sole, e tremava la terra; noi per ripararci andiamo dentro nel fosso della via che porta a Orzinuovi; la signora Franceschini pensava a suo marito, e noi vedevamo il bombardamento sulla città, bruciava anche il Duomo e si sentiva il sibilo degli aerei».«Mio papà, che era del ’99, non andava volentieri nel rifugio, ma quella volta un amico lo portò; lui prima finì di fare la barba al cliente e poi andò nel rifugio sotto Casa di Dio e non fece neanche le scale perché lo spostamento d’aria lo fece arrivare in fondo». «Quando tornò al negozio vide che era andato giù tutto; gli erano rimaste solo le chiavi in tasca. Nemmeno il rasoio. Aveva già 46 anni e aveva fatto cinque anni di guerra... In piazza Roma, c’era il comando tedesco: ma quello gli americani non l’hanno preso. In compenso hanno preso la bottega di mio papà. Il negozio di barbiere più bello della città». |
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Ultimo aggiornamento ( domenica 19 luglio 2009 ) |