La moda vive di contrasti. Ciò che ieri era bandito, oggi è celebrato. Così accade con i costumi da bagno che a poco poco nel corso di un ventennio giungono ad una lunghezza insospettata. All’inizio del Novecento il costume da bagno per la donna borghese è per lo più in cheviot lana a blouse, guarnita da treccia colorata, o in scott di lana sempre con forma blouse e collo alla marinara guarnito da ricamo. Già dalla fine degli anni Dieci la scollatura sulla schiena diventa sempre più ampia. I costumi si distinguono a seconda che si vada «al mare per godere il mare veramente o per godere soltanto della spiaggia». Se la donna è sportiva, nella sua valigia porta costumi semplici e comodi, senza complicazioni di bretelle noiose, con una scollatura discreta. Opta per un modello intero di una bella lana morbida, elastica blu o nera perché «le tinte scure affinano sempre la figura». Se la donna invece fa un «tentativo di bagno e poi rimane sdraiata tutto il giorno sulla spiaggia», può scegliere i modelli a due pezzi chiamati dai francesi cache sexe et supçon «forse perché non nascondono proprio niente e di sospetto non lasciano neppure un centimetro di pelle». L’accappatoio di tessuto bianco “igienico” di inizio Novecento si abbandona a favore di parei variopinti o cappe di stoffa trasparente.

















