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La vacanza irregimentata

Dagli anni Venti il turismo si allarga agli strati medi della popolazione. Il fascismo coglie subito le potenzialità propagandistiche di questo fenomeno di costume. La regia spetta principalmente all’Ente Nazionale per le Industrie Turistiche (attivo dal 1919), alla Compagnia Italiana pel Turismo con mansioni più commerciali, infine al Commissariato per il turismo. In ogni capoluogo si istituisce un Comitato provinciale del turismo (o Ente provinciale del turismo): presieduto dal prefetto, ogni comitato organizza e promuove la villeggiatura sul territorio insieme alle aziende autonome di cura, alle commissioni del forestiero, alle Pro Loco. Oltre agli organi istituzionali, numerosi sono i sodalizi che svolgono un ruolo anche turistico, come il Reale Automobile Club Italiano. È un turismo favorito dal successo dei “treni popolari”, istituiti nel 1931, caratterizzati da tariffe agevolate. Un esempio. Nel 1932, in otto ricorrenze festive, viaggiano quasi 460mila viaggiatori su 990 treni. Un’iniziativa che si rivela anche un buon affare. Incasso 7 milioni e mezzo di lire, costo vivo la metà. Nel 1934 il governo riduce la settimana lavorativa a 40 ore e introduce il sabato fascista. Due fattori, questi, che favoriscono la moda del finesettimana.

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