Centro Studi Repubblica Sociale Italiana
Gli intellettuali che vissero due volte PDF Stampa E-mail
Scritto da Redazione   
sabato 14 febbraio 2015

Sergio Romano nella sua rubrica sul Corriere della Sera, a proposito degli intellettuali italiani durante il fascismo consiglia “la lettura del libro di Mirella Serri (Gli intellettuali che vissero due volte) pubblicato dalle edizioni Corbaccio dieci anni fa. È uno spaccato della vita intellettuale italiana nel corso di un decennio, dal 1938, l’anno dell’accordo di Monaco che regalò a Mussolini un grande consenso, e il 1948, l’anno delle prime elezioni politiche e del duello fra la Democrazia cristiana e il Fronte democratico popolare, un’alleanza dei socialisti di Pietro Nenni con i comunisti di Palmiro Togliatti.

Se il lettore avesse la pazienza di ricostruire, con l’aiuto di Mirella Serri, il percorso individuale degli intellettuali, scoprirebbe che molti collaboratori delle maggiori pubblicazioni culturali del regime figurano, dieci anni dopo, fra i sostenitori del Fronte. Tutti opportunisti e voltagabbana? Nel regime vi furono parecchi «stipendiati » e beneficiati. Ma un giudizio troppo drastico sarebbe ingeneroso e storicamente sbagliato. Il regime aveva i suoi porti franchi («Primato» di Giuseppe Bottai, le riviste di Leo Longanesi e Mario Pannunzio) in cui esistevano alcuni margini di libertà. Molti intellettuali non esitavano a criticare il regime in conversazioni private, ma erano piuttosto frondisti che oppositori. Altri detestavano i ras e i gerarchi, ma riponevano le loro speranze in Mussolini. Altri ancora, come Elio Vittorini e Vasco Pratolini, credevano in un fascismo di sinistra in cui la corporazione avrebbe gradualmente sostituito la proprietà privata. Per questi ultimi, in particolare, il passaggio al comunismo fu sentito come il ritorno alla purezza ideologica di una forza politica che aveva smarrito la strada stringendo patti di convenienza con agrari e industriali. L’intera questione divenne ancora più difficilmente decifrabile quando molti intellettuali, dopo la caduta del fascismo, cedettero alla tentazione di riscrivere il loro passato per esibire un certificato di immacolato antifascismo. Trovarono un complice in Togliatti, desideroso di ingrossare le file del partito e disposto a dimenticare il passato dei nuovi convertiti. Qualche intellettuale, come Ruggero Zangrandi, cercò di raccontare il proprio percorso in un libro intitolato Il lungo viaggio attraverso il fascismo. Ma molti altri preferirono tacere. Peccato. Le loro confessioni ci avrebbero aiutato a capire meglio quei tempi.

Corriere della Sera, p. 39, 8 febbraio 2015.

Ultimo aggiornamento ( lunedì 16 febbraio 2015 )
 
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