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mercoledì 24 dicembre 2008 |
Guido Rampoldi, Così la Spagna ha chiuso i conti con il passato, in «La Repubblica», 23 settembre 2008, pp. 1, 29-31. Dopo aver abraso dal panorama urbano la faccia bolsa di Franco, disarcionato il Caudillo da varie statue equestri e cancellato il suo nome dalla toponomastica, i socialisti si apprestano a sostituire il Rimosso, nei municipi dove sono maggioranza, con i nomi di tremila republicanos, quasi tutti uccisi dai franchisti durante la Guerra civile. Questo intitolare strade e piazze ai vinti cacciandone i vincitori e ribaltando il verdetto dei campi di battaglia, irrita la destra, che si sta spostando verso il centro ma tradisce disagio ogni qualvolta è chiamata a fare i conti con il franchismo. Irrita soprattutto quei porporati avanti negli anni che convissero serenamente con la dittatura. Costoro mai trovarono scandaloso lo spettacolo di targhe e monumenti in ricordo del tiranno che sterminò cinquantamila prigionieri dopo la fine del conflitto; però sono corsi in Vaticano alla fine dell’ottobre scorso, quando il papa ha beatificato 498 religiosi assassinati dai "rossi". Sembrerebbe la storia di una Spagna ancora divisa, anzi di due Spagne che non hanno mai cessato di combattersi, ciascuna armata della propria memoria e del proprio dolore. Ma così ormai la legge soltanto quel piccolo settore della destra che ha eletto a proprio campione l’ultimo Aznar, l’Aznar neocon. La Spagna reale è un’altra cosa, ci dice uno stretto collaboratore di Zapatero, il deputato socialista Josè Andres Torres Mora. E racconta di un Paese "meticcio" in cui i due partiti maggiori non sono in relazione di continuità con le "due Spagne" della Guerra civile e la metà della popolazione afferma di ignorare da che parte combatterono i propri nonni. |
Ultimo aggiornamento ( martedì 20 gennaio 2009 )
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mercoledì 24 dicembre 2008 |
Michele Serra, Il mondo facile della politica format. Il pensiero sbrigativo. La destra che sceglie di semplificare, in «La Repubblica», 24 settembre 2008, pp. 1 e 52. La campagna per il ritorno alla maestra unica, al di là dei propositi contingenti di "risparmio", aiuta a riflettere in maniera esemplare sulle ragioni profonde delle fortune politiche della destra di governo, e sulle sue altrettanto profonde intenzioni strategiche. Sono intenzioni di semplificazione. Se la parola-totem della sinistra, da molti anni a questa parte, è "complessità", a costo di far discendere da complesse analisi e complessi ragionamenti sbocchi politici oscuri e paralizzanti, comunque poco intelligibili dall’uomo della strada, quella della destra (vincente) è semplicità. La pedagogia e la didattica, così come sono andate evolvendosi nell’ultimo mezzo secolo, sono avvertite come discipline "di sinistra" non tanto e non solo per il tentativo di sostituire alla semplificazione autoritaria orientamenti più aperti, e a rischio di permissivismo "sessantottesco". Sono considerate di sinistra perché complicano l’atteggiamento educativo, aggiungono scrupoli culturali ed esitazioni psicologiche, si avvitano attorno alla collosa (e odiatissima) materia della correttezza politica, esprimono un’idea di società iper-garantita e per ciò stesso di ardua gestione, e in buona sostanza attentano al desiderio di tranquillità e di certezze di un corpo sociale disorientato e ansioso, pronto ad applaudire con convinzione qualunque demiurgo, anche settoriale, armato di scure. |
Ultimo aggiornamento ( domenica 18 gennaio 2009 )
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mercoledì 24 dicembre 2008 |
Ispirazione per Brunetta: Circolare del Duce «Tutti in ufficio alle otto in punto», in «Libero», 23 novembre 2008, p. 26. 
«Alle 8 chi non è già al suo tavolo di lavoro ha perduto la giornata con le relative conseguenze. Alt. Farò controllare quanto sopra. Alt». Telegramma firmato, tutto in maiuscolo, Benito Mussolini, il 19 maggio del 1941, e inviato dall'Istituto Nazionale Fascista per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro a tutti gli uffici pubblici italiani. Ecco da dove ha preso spunto il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta nella sua lotta ai fannulloni... Il documento, pubblicato oggi dalla Provincia di Como, è inedito e proviene dall'Archivio Michele Moretti (un partigiano facente parte del commando che, secondo la vulgata, fucilò Mussolini a Giulino di Mezzegra il 28 aprile 1945) dell'editore di Como Aldo Nicoli (l'originale faceva parte delle carte di Giusto Perretta, ex presidente dell'Istituto sulla Resistenza nel comasco). |
Ultimo aggiornamento ( venerdì 16 gennaio 2009 )
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