Centro Studi Repubblica Sociale Italiana
La Sarfatti a Benito: prima «adorato» poi «idiota» PDF Stampa E-mail
Scritto da elena   
domenica 19 luglio 2009

Torno Armando, La Sarfatti a Benito: prima «adorato» poi «idiota», in «Corriere della Sera», 29 maggio 2009, p. 45.

 

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Il prossimo 16 giugno andranno all’asta alla sede di Roma di Bloomsbury autografi e manoscritti, divenuti oggetto di investimento (da oggi visibili sul sito www.bloomsburyauctions.com). Si va da alcune lettere, scritte tra il 1906 e il 1921, di Alberto Fassini (Fondatore della Cines, la prima casa cinematografica italiana) stimate tra 5 e 7 mila euro, ad autografi rinascimentali della collezione Camuccini con missive di Michelangelo, Raffaello, Bramante, Donatello ecc. (71 pezzi, intorno a 70 mila euro). C’è il carteggio del poeta Marino Moretti con Carlo F. Zanella - oltre 900 lettere, cartoline, biglietti vergati tra il 1908 e il 1956: valutazione di 25-30 mila euro - e c’è quello tra D’Annunzio e Luisa Baccara, che si pone tra 30 e 35 mila euro.

In questa vendita c’è anche l’archivio personale di Ada Negri, con manoscritti, tre intere corrispondenze, documenti, foto: parte da una base di 55-65 mila euro. E al suo interno, ecco la vera perla che Bloomsbury ha estrapolato indicandola «lotto 54»: si tratta di alcune carte di Margherita Sarfatti, amica della poetessa, ricevute forse con l’impegno di distruggerle. Riguardano la sua relazione con Benito Mussolini negli anni 1922-23. È un insieme di 25 lettere autografe, alcune con relative buste; c’è una missiva dattiloscritta, 1 cablogramma dell’«Herald Tribune» con la richiesta di intervistare il futuro duce, 7 telegrammi e 3 foto. Che cosa contengono?

Rispondiamo con un’immagine: lo spaccato senza veli della loro passione. Biografie come quella di Karin Wieland, Margherita Sarfatti l’amante del Duce (Utet libreria), descrivono questo amore senza i particolari che qui emergono con forza. Sarà compito degli studiosi approfondire il contenuto delle carte, ma si può constatare quanto Mussolini fosse esuberante e si tenesse lontano dalle vie del galateo nell’intimità. Di certo la Sarfatti perse la testa. Ecco un esempio: «Le prime ore del 1923. Adorato, mio adorato! Voglio cominciar l’anno scrivendo il tuo nome su un pezzo di carta: Benito, mio amore, mio amante, mio adorato! Sono, mi proclamo, mi glorio di essere, appassionatamente, interamente, devotamente, perdutamente Tua: ora, per tutto il 1923 e, se tu vorrai mio adorato, perché mi ami come io ti amo, per sempre...». La Sarfatti desidera essere «dissimulata nell’ombra» della sua luce, chiede: «Getta l’ancora nel mio porto, grande nave gloriosa, e salpa per tutti gli oceani». Nella lettera 10 il tono cambia: «Le tue divine stregonerie mi hanno fatto brulicare il sangue di uno strano fermento». Le bordate aumentano sino a un «non mi chiedere cosa che non sia compatibile con la mia dignità».

Il 30 gennaio di quel 1923 qualcosa non va: «La serie di scenate assurde, ignobili, indegne, ma soprattutto idiote avvenute stasera mi ha lasciato perplessa, esasperata, disperata ma anche pensosa». La ricordata dignità deve essere stata messa in gioco da «una serie di martirii stravaganti raffinati complicati; uno più inaspettato e immeritato e più fantastico dell’altro». La lettera n. 22, ben 28 pagine, è piena di disperazione: «Sono stanca di amarti, stanca che tu faccia del mio amore un tappeto per calpestarlo. Tu sei un uomo estremamente sensitivo, ma fortissimo e, come tutti gli impetuosi, "dai fuori" e dopo ti passa». C’è di più: «Bella figura di idiota ci hai fatto ad andare in pompa magna da quell’idiota di Bettinelli, il più falso, cretino, retorico pittore di Milano, e il più ignoto degli ignoti... Avresti dovuto ricordarti che quando si è a Capo del Governo, le proprie espansioni ammirative devono essere dettate anche da criteri meno personali e più severi». 
Ultimo aggiornamento ( giovedì 30 luglio 2009 )
 
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