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Il caso delle lettere dei prigionieri non cooperatori dell’Archivio «Volontà» PDF Stampa E-mail
Scritto da Redazione   
sabato 29 marzo 2008

Scritture del quotidiano, fonti per la storia

Il caso delle lettere dei prigionieri non cooperatori dell’Archivio «Volontà»

 

 

 

Alla storia si guarda spesso come a una scienza triste, capace di fornirci solo uggiose informazioni su guerre, paci, battaglie e priva di ogni autentico legame con le biografie di tutti i giorni, quelle dei semplici mortali, e non di re, regine e generali. Una spontanea e seducente smentita a questa idea viene dalle buste 9, 10 e 11 dell’Archivio «Volontà», fondo archivistico riguardante i prigionieri non cooperatori, custodito presso il Centro Studi Rsi di Salò.

In questi tre faldoni sono infatti conservate 573 lettere, che ruotano intorno a 307 scriventi, italiani e non, reduci di campi di prigionia o parenti di ex prigionieri.

Ogni lettera contribuisce a svelarci gli effetti dei processi e degli avvenimenti storici sui singoli individui, sulle loro intime modalità di percezione e di rielaborazione del vissuto. Come sostiene Hobsbawm, «quello che le persone comuni hanno pensato e fatto è tutt’altro che trascurabile: era in grado di influire, e ha influito, sulla cultura e sugli avvenimenti, e questo non è mai stato vero come nel XX secolo».

Queste testimonianze – prodotte da gente comune – non forniscono affatto un quadro organico, un racconto omogeneo delle esperienze di vita durante e dopo la Repubblica sociale italiana, e la stessa definizione di gente comune, sfuggente e indefinibile, contiene individui e storie molto eterogenee al suo interno, lontanissimi per cultura ed esperienze.

Si va dai resoconti delle proprie «vicissitudini militari» a denunce delle «malefatte della Resistenza», con toni non sempre pacati: di fronte alle celebrazioni della Resistenza c’è chi si dice pronto a darsi «fuoco in piazza come Jan Palach, il martire della rivolta antisovietica di Praga del 1968». Spesso sono allegati documenti originali degli anni 1943-1945: disegni, fotografie (si vedano ad esempio quelle dei campi di battaglia in Tunisia di Piero Marzi), memorie (come il taccuino inviato «con un cameratesco abbraccio» da Giuseppe Lo Stocco o l’«umile diario di 1788 giorni di prigionia, ospite non gradito di Sua maestà britannica» di Onofri), lettere degli anni di reclusione e di guerra, una per tutte quella del marò Mario Fiorentino ai genitori, datata 30 giugno 1944, poco prima di partire «per una missione»: «forse – annota Mario – non tornerò più, se ciò fosse una cosa sola vi domando, esser forti e mostrare al mondo che un padre italiano e una mamma italiana immolano i loro figli volentieri affinché l’Italia Nostra viva. Parto tranquillo, conscio di ciò che faccio, la mia Patria è l’Italia di Mussolini e per Lui vado diritto verso il mio destino».

Così pure frequenti sono i riferimenti alla realtà politica italiana degli anni ’80 e ’90: si va dalle critiche a Violante a pungenti commenti sulla P2, dalle proposte di creazioni di nuovi partiti di destra allo sdegno per il mancato processo contro «i criminali partigiani di Tito» di contro alla «chiassata Priebke» del 1998 e così via. Spesso nascono discussioni a distanza dai toni accesi tra ex prigionieri non cooperatori che trovano eco sulle pagine di Volontà, basti leggere le lettere di Alfredo Pagliei, sagaci e ironiche. Ad un suo «calunniatore», Pagliei vorrebbe non replicare, ma essendo di «Frosinone patria precisa di Cicerone e delle sue Catilinarie», non si trattiene: «la mia pazienza non sopporta chi ne abusa», e come «per un'incazzatura di Achille il Grande Omero scrisse un poema enorme, e Tassoni un altro per una secchia rapita», ora è il suo momento. «Io, azzeccagarbuglio che non sono un coniglio né un candido giglio e sopportare non voglio me la piglio e punto d'orgoglio m'accapiglio mi scompiglio e su un triplice foglio sfogo ira e cordoglio; ma dal Naviglio il Gran Consiglio, temendo il periglio d'un fantomatico impiglio o il troppo guazzabuglio, per ben due volte mi spezza l'artiglio e mi mette il bavaglio senza spiraglio; del che mi meraviglio e, in mancanza di meglio senza altro appiglio esco dal groviglio, e da bravo figlio i giocherelli miei mi ripiglio, faccio bagaglio e scegliendo l'esilio me la squaglio di qualche miglio dall'intruglio con Gran Soglio; poi mi faccio, come soglio due spaghetti aglio e olio senza lasciar nel piatto alcun rimasuglio, e scendo a riva lunghesso il mare e sopra uno scoglio il bollor mi sventaglio mirando da lunge il tramonto vermiglio, mentre dall'onde alto ogni tanto schizza ed abbaglia il pennacchio di un capodoglio».

Consuete sono, infine, le richieste di numeri arretrati del periodico «Volontà» e ugualmente ricorrenti gli appelli per ritrovare ex compagni, i necrologi, nonché le comunicazioni in vista di raduni a Pesaro, alla Piccola Caprera o a El Alamein.

Nel complesso queste lettere restituiscono un quadro sfaccettato, una percezione disarticolata e caleidoscopica sia della realtà nazionale durante la Repubblica sociale italiana sia dell’Italia nel secondo dopoguerra: «Viviamo di ricordi e dobbiamo accontentarcene per ciò che ci rimane», sentenzia Cesare. Non, dunque, la storia dal buco della serratura, ma quella alta e terribile di coraggiose vite di uomini e donne legate alla storia italiana, documentata per frammenti di eventi.

 

È possibile consultare gratuitamente on line il database con i dati sintetici di questa corrispondenza. Di ogni lettera sono indicati: mittente, numero della busta e del fascicolo, luogo e data di spedizione, destinatario, breve regesto ed eventuali allegati.

 

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Ultimo aggiornamento ( domenica 03 agosto 2008 )
 
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