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Pahor riapre la polemica sulle foibe PDF Stampa E-mail
Scritto da Redazione   
lunedì 28 aprile 2008

Marisa Fumagalli, Lo scrittore triestino-sloveno pone il problema delle responsabilità per la pulizia etnica. Pahor riapre la polemica sulle foibe. «Silenzi sugli eccidi del Duce: potrei dire no a un onorificenza della Repubblica», in «Corriere della Sera», 27 aprile 2008, p. 35.

 

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TRIESTE - La reazione «politicamente scorretta» di un grande vecchio della lette­ratura di confine, scoperto e acclamato in tempi troppo re­centi, resuscita i fantasmi del passato e crea un «caso impre­visto», mettendo perfino in imbarazzo le istituzioni.

Succede, dunque, che Boris Pahor, nato a Trieste nel 1913, sloveno ma di cittadinanza ita­liana («me la imposero, duran­te la dittatura di Mussolini»), sulla cresta dell'onda perché il suo libro Necropoli, scritto quarant'anni fa nella lingua madre, è stato tradotto, rive­landoci l'esperienza più dram­matica della sua vita (la detenzione nel lager nazista di Natweller-Struthof) oltre alle sue qualità di letterato, abbia qua­si preventivamente rifiutato una proposta di onorificenza.

«Stenterei ad accettarla - ha detto - da un presidente del­la Repubblica che ricorda sol­tanto le barbarie commesse dagli sloveni alla fine della Se­conda guerra mondiale, ma non cita le precedenti atrocità dell'Italia fascista contro di noi». L'amarezza di Pahor nasce dal fatto che il capo dello Stato, nel Giorno del ricordo del 2007 ed anche nel febbra­io scorso, non citò «le fucila­zioni degli ostaggi sloveni e i crimini dei campi di concen­tramento italiani». Sottacen­do così una parte di storia.

«Il suo mi sembra un giudi­zio eccessivo, uno sguardo troppo stretto sulle parole di Napolitano», commenta, con un certo disagio, colui che ha avuto l'idea di premiare Pahor. È il sottosegretario (uscente) agli Interni, Ettore Rosato (Pd), che, durante la ce­rimonia del 25 aprile, alla Ri­siera di San Sabba, ha pensato di compiere un bel gesto an­nunciando l'iter per il ricono­scimento onorifico. Aggiunge: «Il Giorno del ricordo è dedica­to alle foibe, su quella trage­dia mise l'accento il Presiden­te. Di antifascismo si è parlato tante volte». E il sindaco di Tri­este, Roberto Dipiazza (Pdl), pur apprezzando lo spirito li­bero di Pahor, «intellettuale onesto», invita a superare il passato, forte del processo di pacificazione tra sloveni e ita­liani.

Il grande vecchio è d'accor­do, ma nel merito della pole­mica non arretra di un milli­metro. «Qui, nella Venezia Giu­lia, il clima, certo, è rasserena­to - osserva -. Ciò mi sta be­ne. Ma la storia è storia. E non è accettabile che il capo dello Stato pronunci, come ha fatto, a proposito della tragedia del­le foibe, parole che rievocano "i delinquenti sanguinali slavi" senza dar conto dell'oppres­sione fascista, della barbarie etnica, che la precedettero. Inoltre - continua - Napolitano sa bene che i comunisti italiani, allora, erano compii­ci. Che furono loro a dare ai partigiani iugoslavi i nomi di coloro che andavano elimina­ti».

Espressioni forti, nette. «Non posso distruggere metà della mia gioventù», riflette Pahor. Poi torna sulle ombre del passato che, oggi, la politi­ca tenta di dissipare: «Ricordo bene quando, tempo fa, venne­ro a Trieste Luciano Violante e Gianfranco Fini. Si misero d'accordo, nel non attaccarsi a vicenda... Comunque sia, le mie condizioni per un'eventua­le onorificenza sono queste: dev'essere citato non solo il mio libro Necropoli, ma anche le altre opere letterarie. Il rogo nel porto, per esempio. Dove si raccontano i crimini fasci­sti. Chiedo - conclude - che l'espressione crimini fascisti venga scritta, nero su bianco».

Arriverà o no per Pahor il ca­valierato della Repubblica? Ve­dremo. Candidato al Nobel, lo scrittore triestino l'anno scor­so fu insignito della Legion d'Onore di Francia, Paese dove, da tempo, è una celebrità. Ora è il suo momento italiano: per lui si prospetta un'altra onorificenza. Elido Fazi, edito­re di Necropoli, ha promosso una raccolta di firme, affinché gli venga attribuita, nell'ambi­to dello Strega, la «menzione d'onore». Il premio non po­trebbe vincerlo, il regolamen­to prevede che le opere in con­corso siano scritte in lingua italiana.

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Ultimo aggiornamento ( domenica 11 gennaio 2009 )
 
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