Centro Studi Repubblica Sociale Italiana
Mussolini sul Gran Sasso liberato senza colpo ferire PDF Stampa E-mail
Scritto da Redazione   
domenica 01 marzo 2009

Sergio Romano, Mussolini sul Gran Sasso liberato senza colpo ferire, in «Corriere della Sera», 17 gennaio 2009, p. 37.

 

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Ho letto con interesse la sua risposta sui pensieri del Mussolini defenestrato dal re e successivamente custodito dai carabinieri a Campo Imperatore (Corriere del 4 dicembre 2008). Della faccenda però non ho mai capito una cosa di cui neppure ho trovato traccia in qualche memoriale. Infatti i carabinieri non reagirono contro il commando tedesco che veniva a liberare il Duce e neppure lo eliminarono, cosa questa molto semplice; eppure il luogo di detenzione permetteva certo una buona resistenza agli assalitori in attesa anche di un possibile aiuto di altri militari italiani. Ma che ordini aveva dato loro Badoglio? Emilio Cherubini Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

 

Caro Cherubini,

Sulla liberazione di Mussolini dal Gran Sasso esistono ormai alcuni libri che hanno ricostruito la vicenda con una certa precisione. Sappiamo che fu preparata sin dai giorni immediatamente successivi al suo arresto e fu considerata da Hitler come una irrinunciabile prova di amicizia. Sappiamo che in vista dell’operazione fu costituito un commando composto da forze di diversa provenienza con la partecipazione di un generale paracadutista, Karl Student, e di un capitano delle SS, Otto Skorzeny. E sappiamo infine che i tedeschi inseguirono Mussolini lungo le diverse tappe della sua prigionia, da Ponza alla Maddalena, ma individuarono l’albergo del Gran Sasso soltanto dopo la firma dell’armistizio italiano. Non sappiamo invece quali fossero le intenzioni del re e di Badoglio. Certo volevano evitare che Mussolini tentasse con un colpo di mano la riconquista del potere chiamando intorno a sé ciò che ancora restava delle organizzazioni politiche e militari fasciste. Ma non esiste, che io sappia, un documento da cui risulti quali fossero i loro progetti per il futuro. Volevano consegnarlo agli Alleati, processarlo in Italia o usarlo per qualche imprevedibile mercato se il corso degli eventi avesse favorito la Germania? Non sappiamo neppure, d’altro canto, quali dettagliate istruzioni fossero state date agli uomini che avevano il compito di custodirlo e in particolare all’ispettore di polizia che li comandava. Si disse che avrebbero dovuto ucciderlo, ma quella della prigionia di Mussolini è una storia fatta di molti «sentito dire» e di parecchie testimonianze interessate.

A questi dubbi e interrogativi, caro Cherubini, aggiunga la circostanza che l’operazione di Student e Skorzeny cominciò all’alba del 12 settembre, cinque giorni dopo la fuga del re e Badoglio da Roma. Quando gli alianti tedeschi atterrarono sullo spazio erboso di fronte all’albergo, non esistevano, a nord del fronte, né un governo né un esercito italiano. Esisteva soltanto una grande zona d’occupazione tedesca. Non è sorprendente che i custodi di Mussolini, privi d’informazioni e abbandonati a se stessi, abbiano esitato prima di decidere il da farsi. Li convinse a non reagire, probabilmente, il fatto che fra i tedeschi vi fosse anche un generale italiano. Si chiamava Fernando Soleti, apparteneva al corpo della Polizia dell’Africa italiana e servì a prolungare quegli attimi di incertezza durante i quali il commando dei paracadutisti e delle SS poterono impadronirsi dell’albergo e liberare Mussolini. In quella incertezza vi furono anche probabilmente, tra i carcerieri del Gran Sasso, calcolo e opportunismo. Ma non è facile sostenere con il senno di poi che in quelle particolari circostanze, quando nessuno sapeva esattamente dove fosse l’Italia, i carabinieri del Gran Sasso avrebbero dovuto sacrificare la loro vita.

Ultimo aggiornamento ( martedì 10 marzo 2009 )
 
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